Smart City: gli ostacoli alle città del futuro

Smart City ed aree urbane, un connubio che ha sempre di più il sapore di una sfida, la scommessa di creare luoghi e città dove si ampliano le aree di innovazione sociale, dove competitività e resilienza migliorano attrattività e qualità della vita dei cittadini. Al centro della strategia 2014-2020 e punto focale della Riforma Delrio, i progetti di Smart City si muovono sempre più verso la una struttura integrata e di sistema che agisca in maniera coerente e coordinata su un territorio e attivi ampie capacità di pianificazione e programmazione. Niente più, dunque, progetti “smart”, focalizzati su singoli ambiti verticali come l’efficienza energetica negli edifici, servizi di trasporto pubblico flessibili, car sharing/pooling, ecc., ma progetti trasversali e integrati, in cui assumono grande importanza la Sharing economy, Internet of Things (IoT), i Big Data.

Un’evoluzione che modifica anche gli strumenti di analisi e di valutazione e ridimensiona l’idea di poter standardizzare percorsi di sviluppo e soluzioni e replicare best practice, seppur avviando processi di integrazione con il contesto specifico.

Se, infatti, i nuovi modelli di business e di finanziamento, gli strumenti di governance, le pratiche di coinvolgimento e responsabilizzazione del cittadino, lo sviluppo di piani urbani integrati e smart policy a livello locale hanno assunto un ruolo sempre più centrale nell’ambito delle Smart Cities, non sono stati fatti grandi passi avanti nell’ottica dello sviluppo di azioni di sistema per promuovere servizi accessibili ai cittadini e piattaforme abilitanti, che superino le singole innovazioni verticali e sfruttino, invece, le opportunità di finanziamento europee e nazionali e rafforzino il dialogo competitivo con le imprese.

Eppure le esperienze positive non mancano, mentre non sembrano particolarmente efficaci le analisi che tentano di rendere questi processi scalabili e replicabili in altri contesti. Quali sono le ragioni di ciò?

A questa domanda cerca di rispondere la ricerca Smart City: quali impatti sulle città del futuro?, realizzata dalla Fondazione per la sostenibilità digitale, con il supporto di CISCO, proponendo un approccio di analisi differente, che intende individuare gli ostacoli, quegli elementi ostativi che il contesto frappone allo sviluppo di un processo di Smart City che ha avuto successo in altre realtà.

Dunque, non si indentificano più i fattori di successo, quanto piuttosto i principali elementi ostativi che ne interrompono e ne deviano il processo di realizzazione e implementazione, quei fattori di rischio, cioè, di cui appare significativo individuare, ed attivare per tempo, adeguate contromisure.

Nel corso della prima fase dell’indagine, sono stati analizzati da un team di esperti interdisciplinare gli elementi di carattere tecnologico, economico, strutturale e sociale di un progetto di Smart city e si è giunti all’identificazione di 6 dimensioni di indagine e di un set di indicatori, che permetteranno l’individuazione degli elementi critici e le ipotesi per il loro abbattimento.

Le dimensioni e gli indicatori individuati consentiranno di analizzare un processo di Smart City individuando gli ostacoli allo sviluppo di una vision strategica, capace di generare un modello di sostenibilità e cooperazione tra pubblico e privato e un dialogo costante con i cittadini e le loro reali esigenze. Un approccio “smart”, che non sia legato all’idea di tecnologia come unico fattore abilitante al processo di trasformazione e dove i protagonisti del settore agiscano in maniera indipendente e slegata da una visione di sistema.

Da un punto di vista organizzativo ed economico, gli indicatori selezionati permetteranno di analizzare gli elementi frenanti alla cooperazione tra PA e privati e all’assunzione da parte della PA di un ruolo di responsabilità e coordinamento di un processo Smart City progettato e realizzato in maniera condivisa.

Non meno significative sono le dimensioni sociali e comunicative, che consentono di comprendere cosa potrebbe rallentare o bloccare il processo di open government e di partecipazione dei cittadini nei processi valutativi, decisionali e deliberativi. Gli elementi, cioè, che rendono complesse le attività di accountability della PA, ovvero di una amministrazione che “da conto del proprio operato”, rendendo i cittadini parte integrante del ciclo di vita di un progetto.  È auspicabile che qualsiasi tipo di iniziativa di Smart City infatti, sia coerente con le esigenze espresse dal territorio e che venga correttamente comunicata ai cittadini. Il rischio di una mancata sensibilizzazione ai processi di innovazione è che l’utente finale li possa percepire come distanti dai propri bisogni e identificarli come uno spreco di risorse.

In questo senso, seppur fattore abilitante e imprescindibile nell’evoluzione delle città intelligenti, anche le soluzioni tecnologiche mostrano alcune difficoltà nei processi di standardizzazione e integrabilità, nelle attività di verifica e nella sostenibilità e disponibilità delle stesse. Considerare, ad esempio, gli open data, elemento chiave per lo sviluppo di città intelligenti e inclusive e per lo sviluppo di piattaforme abilitanti ha senso solo se si rendono disponibili dati di qualità, aggiornati e trasparenti e coerentemente interpretati, integrati e raccontati.

Le altre ricerche della fondazione

Cerca